Aprì la porta, fuori il mare d’inverno. Un vento gelido carico di salino la investì, ma lei lo visse come un saluto. Le onde bianchissime s’infrangevano sulla vicina spiaggia innalzando spruzzi argentei e facendo risuonare il piccolo borgo deserto di un cupo rimbombo: era la mattina del 24 dicembre. Quando lui aprì la finestra il sole cominciava lentamente a spuntare aldilà delle montagne, finalmente il sereno dopo due giorni di nevicate ininterrotte. L’aria immobile pareva vetro e le linee del paesaggio nella pallida luce del mattino non avevano nessuna asperità. Era il 24 dicembre e il mondo visto dalla sua baita era immacolato come ai primordi. Seduta nel baretto della piazza fissava il cellulare come se fosse un osso di seppia, inutile ogni tentativo. Guardava fuori e nessuna musica sembrava poter zittire il ritmo delle onde, eppure non era triste perché il giorno prima aveva ricevuto un filmato nel quale Lui scendeva da un pendio come se stesse galleggiando sulla neve senza sollevare spruzzi, entrando e uscendo dalle sagome degli abeti come un folletto e finendo per scomparire direttamente nella stalla della sua baita. Tempo addietro Lui aveva scelto di vivere isolato, per riuscire a ritrovare sé stesso, ma la natura lo riempiva di interrogativi diretti, immediati, freddo caldo, buio luce, forza debolezza, tutta roba che nella vita cittadina veniva sviata facilmente e forse era proprio per questo che voleva sentirsi vivo, tuttavia c’era un problema, era la Vigilia di Natale e lui non poteva comunicare con nessuno. Alcune ore dopo Lei si trovava in centro cercando di distrarsi facendo gli ultimi acquisti, ma non ci riusciva nonostante la confusione. Musica, colori, risate, anche qualche saluto con amici occasionali; eppure, la mente continuava a tornare su di Lui. Era stupita di quello che le stava accadendo, ma pensò che fosse il regalo di Natale che non aveva mai ricevuto, l’amore. Adesso tutto quel bianco lo infastidiva, gli sembrava d’impazzire: non c’era linea di demarcazione fra cielo e terra, Lui era l’unico punto oscuro. Perché proprio adesso? Gli sembrava di aver intrapreso un percorso ben definito, di iniziare ad aver di nuovo un equilibrio e di colpo SBAM, un accecante sentimento si era impadronito di Lui, creando una situazione fuori controllo. Che sballo! E proprio sotto Natale, unico ostacolo la distanza, mentre continuava a fissare quel bianco accecante. Adesso era in un grande magazzino, si guardava intorno, ma si accorse che non c’era niente di adeguato a Lui e poi improvvisamente si chiese se lo conosceva veramente e pensò che qualunque regalo avrebbe potuto non essere gradito. Questo sospetto la turbava e si guardò intorno smarrita. Comparve a quel punto un Babbo Natale rotondetto che stava agitando una campanella, le si avvicinò, le sorrise ed esclamò: “Signorina, LEI dev’essere innamorata!” per poi proseguire canticchiando Bianco Natale. Quando ormai la speranza di riuscire a partire lo stava per abbandonare sentì diffondersi nell’aria un borbottio che lentamente divenne un rumore vero e proprio, al ché si ricordò di avere un razzo da segnalazione nel rifugio, così corse all’interno e rovistando in un baule lo trovò, e prima che gli eventuali soccorsi potessero allontanarsi uscì all’esterno e lo puntò verso il candore dell’orizzonte. Quella sera a Boccadasse la gente del quartiere si avviò verso la parrocchia di sant’Antonio per la messa dell’Angelo salendo la ripida salita che porta sul piazzale che domina il borgo. Fin da subito i fedeli presi dalla solennità dell’evento si lasciarono andare agli inni intonati dal coro dimentichi delle brutture del mondo e partecipi della Buona Novella. Lei, rannicchiata dietro una colonna, pensò di essere tornata bambina quando volendo qualcosa pregava con impeto, e si vergognò per la sua richiesta intima. Poi però la magia della notte sacra ebbe il sopravvento e quando uscì dalla chiesa non poté evitare di controllare il cellulare. Delusa alzò lo sguardo, avvolta com’era nella confusione della folla festante e nel rumore del mare, e vide in lontananza un Babbo Natale appoggiato ad una ringhiera della passeggiata che fissava il sagrato. Incuriosita notò che si stava togliendo la barba finta, il cappello gli scivolò di fianco e sembrava fissare proprio lei. Per un attimo restò immobile, poi gli corse incontro e, mentre le campane suonavano ancora, capì che il suo miracolo di Natale era arrivato su un gatto delle nevi.
Vagabondaggio letterario
La digressione é il sale della vita
mercoledì 24 dicembre 2025
venerdì 29 agosto 2025
La Thuile, 14 agosto
Licheni,
licheni
sono
avvolto dal verde
salendo
la montagna
sfuggendo
dal sole
dalle
orme, dai passi altrui
Ecco
laggiù
l'orizzonte
di pietra
aguzzo,
imponente
sede
di antichi dei
che
lento scompare
avvolto
da nubi candide
Immobile
adesso nel vento
un
muto grido mi assale
il turbine dell’essere qui e ora.
lunedì 30 giugno 2025
RICOMPAIO DOPO MOLTO TEMPO E ME NE DISPIACE, MA SONO UN VIAGGIATORE. PER FARMI PERDONARE PROPONGO QUESTO RACCONTO SEMISERIO
LA VESPA NICCIANA Qualche giorno fa entrai nello studio e, dopo aver passato in rassegna con lo sguardo gli scaffali della mia libreria, mi preparai per cominciare il mio lavoro. Faceva molto caldo e, per questo, le persiane erano spalancate. A un tratto vidi comparire una vespa che, entrata dalla finestra, senza esitazione puntava sicura verso uno scaffale preciso, come se sapesse dove andare. Il soggetto in questione era attrezzato a dovere per ogni insidia, e così mi limitai, incuriosito, a seguirne l’itinerario, che si concluse proprio in corrispondenza dello scaffale dei vecchi volumi Adelphi: finì per posarsi su una copia di Umano, troppo umano di Nietzsche. “Ottima scelta,” pensai sul momento - ma me ne pentii subito, appena vidi che lesta si arrampicava sulla costa del libro e si infilava dietro lo scaffale. A quel punto fui costretto a intervenire, estraendo la preziosa edizione gialla che l’alato insetto aveva privilegiato. E quale fu la mia sorpresa nel notare la presenza di una fanghiglia già depositata, sulla quale la vespa stava tranquillamente lavorando per costruire il suo nido. Non potevo permetterlo. L’autore si sarebbe indispettito per il trattamento riservato alla sua opera (o forse ne avrebbe riso?). In ogni caso, mi diressi prontamente alla finestra e cacciai l’intrusa, pulii il dorso del volume e lo rimisi al suo posto, pensando di poter tornare finalmente al mio lavoro. Raggiunta la scrivania, dimenticai l’incidente e per un’ora non accadde nulla. Poi, all’improvviso, ricomparve l’ostinato volatile che, a spron battuto, tornava a rivendicare la postazione, restando però incerto sul da farsi. Intervenni immediatamente: svuotai una serie di scaffali e mi dedicai a una disinfestazione sistematica. Così, oltre all’opera di Nietzsche, mi ritrovai a controllare anche altri autori che potevano essere stati disturbati: Savinio, Roth, Jünger, Hillman, Hesse, Wittgenstein… tutti nomi che non meritavano simili sfregi. Conclusa l’opera di bonifica, soddisfatto del mio intervento, tornai alle mie questioni. Nel frattempo, era calata la sera e io chiusi persiane e finestre, convinto di aver vinto la partita. Il giorno dopo, con il caldo sempre più intenso, riaprii il volume incriminato. Stavo cercando infatti di ricordarne il contenuto: la scelta dell’insetto avrebbe anche potuto essere un segno del destino. Riflettendo, però, mi resi conto che le vicende del viandante nicciano sono riflessioni troppo importanti per essere ridotte ad argomento di imenotteri, e così mi apprestai a riporre il libro nella sua collocazione originaria. Poi, comunque, andai alla finestra e aprii la persiana: lei era là, che mi aspettava, pronta a intrufolarsi di nuovo in casa, facendo strani movimenti per ingannarmi. Ma io, lestamente, riuscii a bloccarla fuori. Successivamente, con un gesto ormai meccanico, aprii le persiane. Eccola. Immobile, sospesa nell’aria come un pensiero irrisolto, la vespa mi fissava. Non si muoveva, non attaccava. Attendeva. Chiusi di nuovo, lentamente, come se quel gesto potesse cancellarne l’esistenza. Ma sapevo che era lì. Ogni giorno, la stessa scena. Lei fuori, io dentro. Un duello silenzioso, senza vincitori. Alla fine, smisi di aprire le persiane. Rimasi nel buio, con la luce fioca della lampada e Umano, troppo umano tra le mani. La vespa non se ne andava. E io, nel silenzio, iniziai a pensare che forse non era lì per disturbarmi. Forse era lì per ricordarmi qualcosa. Che la volontà non si doma. Che il pensiero ritorna. Che anche una vespa può essere, in fondo, troppo umana.
martedì 24 dicembre 2024
IL NUOVO RACCONTO DI NATALE
L’importanza di chiamarsi Ernesto
Viviamo un tempo oscuro, si dice che siamo
prossimi alla fine del Kali yuga, le menti svaporano tra deliri di potere e
miraggi di criptovalute…e intanto le guerre si moltiplicano mentre le farfalle
impazzite di ormai vecchie teorie producono cataclismi a distanza e tzunami, ma
non sembra che tutto questo abbia delle conseguenze. Vengono solo spesi fiumi
di parole che confondono ulteriormente i poveri followers. Assistiamo ad un
brutto film che sembra non coinvolgerci. Siamo circondati da falsi profeti, ma
una cosa è certa: gli dei ci hanno abbandonato, se ne sono andati, disgustati
da quello che hanno creato. Non ci resta dunque che guardare in noi stessi,
siamo un granello di sabbia scosso dalla tormenta, cerchiamo rifugio nella
nostra identità, nella nostra storia, una radice alla quale aggrapparci e
quando arrivano le grandi ricorrenze siamo toccati da qualcosa che non
riconosciamo.
Questo sta pensando Ernesto mentre, per
sfuggire al freddo pomeriggio della vigilia di Natale, si trova di fronte al
caminetto acceso a studiare le fiamme che fanno brillare la stanza. Fuori
nevica da parecchie ore e lui solo soletto sta rannicchiato in poltrona, tra
sbalzi di umore, a fare svolazzi concentrici che mettono a dura prova la sua
fedele Peterson.
Da tempo vive in questa remota campagna che
ha eletto a buen retiro per sfuggire ad un’esistenza frenetica che più
non gli appartiene. Inizialmente entrare in quel mondo non è stato facile
perché la gente del posto diffidava degli estranei, ma poi, piano piano, la sua
presenza ha assunto un ruolo particolare in quella comunità, grazie anche ad
alcuni episodi che lo hanno fatto diventare una specie di mascotte: l’anziano
barbuto, sempre sorridente e pronto a fornire il consiglio che rasserena,
nonché testimone del mondo esterno, della Grande Città dalla quale proviene.
E ora è lì che ripensa ai Natali passati e ai
propositi fatti, ma che la sorte ha spesso vanificato, e lui lo sa bene. Ed
ecco che il suo almanaccare corre ad altri fuochi, i falò della sua giovinezza
e ad un tratto ha sulle labbra una frase di allora: we be of one blood, thou
and I, che gli riapre un mondo favoloso e il suo misterioso potere.
Fuori sta calando la sera, Ernesto si fa
sulla soglia, i fiocchi di neve si sono fatti più radi, la strada è percorsa da
un tappeto di cristalli che brillano alla luce dei lampioni, Ernesto solleva
una mano e ne afferra uno che sta vagando nell’aria gelida, e al breve contatto
si scioglie subito. Ma ecco che viene
distratto da una serie di voci e canti che si avvicinano rapidamente. Provengono da un gruppo di persone che
compaiono da una svolta e agitano delle torce, in mezzo a loro ci sono diversi
bambini saltellanti e gioiosi. Appena vedono Ernesto cominciano a corrergli
incontro e lo avvolgono nel loro entusiasmo, finché l’intero gruppo non sciama
raggiante in casa sua dove trova una
scena da sogno. Oltre ad un grande albero riccamente addobbato dai più svariati
ninnoli argentati, c’è una lunga tavola imbandita di prelibatezze in attesa di
essere assaggiate, il camino continua ad irradiare luce e calore, e
naturalmente in un angolo c’è una montagna di scatole variopinte che promettono
meraviglie. Adesso i più piccoli sono tutti appesi ad Ernesto lanciando le
richieste più improbabili, ma lui sorridente li invita a prendere posto e a
pazientare. E così, quando tutti i convenuti si sono stipati in quella grande stanza, Ernesto baloccandosi
un po’ con la sua pipa decide che è il momento di raccontare una storia. Prende
un vecchio libro rilegato dalla mensola e comincia a scorrere le pagine in cerca
di quella giusta, mentre i bambini silenziosi non hanno occhi che per lui, ma
improvvisamente cambia idea e decide di non leggere. Inizia così a raccontare:
̶ Era una notte tranquilla nella
giungla, e le stelle brillavano come diamanti nel cielo scuro. Mowgli, il
ragazzo della giungla, sedeva accanto al fuoco con i suoi amici animali: Baloo
l’orso, Bagheera la pantera e Kaa il serpente. Anche se non conoscevano il
Natale come gli uomini del villaggio, sentivano che quella notte era speciale.
Baloo, con la sua voce profonda e
rassicurante, iniziò a raccontare una storia che aveva sentito dagli uomini:
una storia di un bambino nato in una stalla, circondato da animali, che portava
pace e amore nel mondo. Mowgli ascoltava attentamente, affascinato da quella
storia di speranza e unità.
«Questa notte,» disse Baloo, «dobbiamo
ricordare che siamo tutti parte della stessa giungla, della stessa terra. We
be of one blood, thou and I.»
Gli animali annuirono, comprendendo il
significato profondo di quelle parole. Decisero di celebrare quella notte in
modo speciale. Bagheera, con la sua agilità, raccolse frutti e bacche dai rami
più alti degli alberi. Kaa, con la sua saggezza, raccontò storie antiche della
giungla, storie di amicizia e coraggio. E Baloo, con la sua forza, costruì un
grande fuoco per tenere tutti al caldo.
Mowgli, con il cuore pieno di gioia, cantò
una canzone che aveva imparato dagli uomini del villaggio. Gli animali si
unirono a lui, creando una melodia armoniosa che risuonava nella giungla. Anche
gli animali più timidi, come i cervi e gli uccelli, si avvicinarono per
ascoltare e partecipare alla celebrazione.
Quella notte, la giungla era un luogo di
pace e amore. Gli animali, grandi e piccoli, si sentivano uniti come mai prima
d’allora. Capirono che, nonostante le loro differenze, erano tutti parte della
stessa famiglia, della stessa giungla. E così, sotto le stelle scintillanti,
celebrarono il Natale, ricordando sempre le parole di Baloo: We be of one
blood, thou and I.
Per un istante il silenzio sembra avere la
meglio, ma ecco che Ernesto alzando le braccia esclama:
̶ Anche noi possiamo farlo, bambini! ̶ ormai preso dal suo ruolo di
Babbo Natale del villaggio.
Franco Basso
martedì 3 settembre 2024
LE
GRAND BLEU
Galleggio
su flutti verde-azzurro
( je suis le bateau ivre)
e sogno le profondità
diventando inconsistente
man mano che il tempo
scorre.
Una scossa mi attraversa
come se fossi nella cassa orgonica
la luce mi scalda ancora
ma la superficie si allontana
e la gravità svanisce
rimane solo il blu
l’opacità del blu.
A tratti nevica
dagli abissi salgono coriandoli,
sono le istantanee degli annegati.
Una stupida allegria
scuote il torpore
che mi avvolge.
(Continuo a scendere o sono immobile?)
Sono felice, sono triste
Sono io!
Dunque esisto
e mi accorgo di essere
sospeso/appeso.
Freddo, ho freddo
una corrente gelida
mi attraversa
una scossa, un’ombra
un occhio
un fischio
di nuovo la luce.
Risalgo sospinto dall’ombra,
bolle intorno a me,
di nuovo il verde-azzurro
aria, ossigeno,
accanto a me una
pinna.