RICOMPAIO DOPO MOLTO TEMPO E ME NE DISPIACE, MA SONO UN VIAGGIATORE. PER FARMI PERDONARE PROPONGO QUESTO RACCONTO SEMISERIO
LA VESPA NICCIANA Qualche giorno fa entrai nello studio e, dopo aver passato in rassegna con lo sguardo gli scaffali della mia libreria, mi preparai per cominciare il mio lavoro. Faceva molto caldo e, per questo, le persiane erano spalancate. A un tratto vidi comparire una vespa che, entrata dalla finestra, senza esitazione puntava sicura verso uno scaffale preciso, come se sapesse dove andare. Il soggetto in questione era attrezzato a dovere per ogni insidia, e così mi limitai, incuriosito, a seguirne l’itinerario, che si concluse proprio in corrispondenza dello scaffale dei vecchi volumi Adelphi: finì per posarsi su una copia di Umano, troppo umano di Nietzsche. “Ottima scelta,” pensai sul momento - ma me ne pentii subito, appena vidi che lesta si arrampicava sulla costa del libro e si infilava dietro lo scaffale. A quel punto fui costretto a intervenire, estraendo la preziosa edizione gialla che l’alato insetto aveva privilegiato. E quale fu la mia sorpresa nel notare la presenza di una fanghiglia già depositata, sulla quale la vespa stava tranquillamente lavorando per costruire il suo nido. Non potevo permetterlo. L’autore si sarebbe indispettito per il trattamento riservato alla sua opera (o forse ne avrebbe riso?). In ogni caso, mi diressi prontamente alla finestra e cacciai l’intrusa, pulii il dorso del volume e lo rimisi al suo posto, pensando di poter tornare finalmente al mio lavoro. Raggiunta la scrivania, dimenticai l’incidente e per un’ora non accadde nulla. Poi, all’improvviso, ricomparve l’ostinato volatile che, a spron battuto, tornava a rivendicare la postazione, restando però incerto sul da farsi. Intervenni immediatamente: svuotai una serie di scaffali e mi dedicai a una disinfestazione sistematica. Così, oltre all’opera di Nietzsche, mi ritrovai a controllare anche altri autori che potevano essere stati disturbati: Savinio, Roth, Jünger, Hillman, Hesse, Wittgenstein… tutti nomi che non meritavano simili sfregi. Conclusa l’opera di bonifica, soddisfatto del mio intervento, tornai alle mie questioni. Nel frattempo, era calata la sera e io chiusi persiane e finestre, convinto di aver vinto la partita. Il giorno dopo, con il caldo sempre più intenso, riaprii il volume incriminato. Stavo cercando infatti di ricordarne il contenuto: la scelta dell’insetto avrebbe anche potuto essere un segno del destino. Riflettendo, però, mi resi conto che le vicende del viandante nicciano sono riflessioni troppo importanti per essere ridotte ad argomento di imenotteri, e così mi apprestai a riporre il libro nella sua collocazione originaria. Poi, comunque, andai alla finestra e aprii la persiana: lei era là, che mi aspettava, pronta a intrufolarsi di nuovo in casa, facendo strani movimenti per ingannarmi. Ma io, lestamente, riuscii a bloccarla fuori. Successivamente, con un gesto ormai meccanico, aprii le persiane. Eccola. Immobile, sospesa nell’aria come un pensiero irrisolto, la vespa mi fissava. Non si muoveva, non attaccava. Attendeva. Chiusi di nuovo, lentamente, come se quel gesto potesse cancellarne l’esistenza. Ma sapevo che era lì. Ogni giorno, la stessa scena. Lei fuori, io dentro. Un duello silenzioso, senza vincitori. Alla fine, smisi di aprire le persiane. Rimasi nel buio, con la luce fioca della lampada e Umano, troppo umano tra le mani. La vespa non se ne andava. E io, nel silenzio, iniziai a pensare che forse non era lì per disturbarmi. Forse era lì per ricordarmi qualcosa. Che la volontà non si doma. Che il pensiero ritorna. Che anche una vespa può essere, in fondo, troppo umana.